di
Riccardo Manfredelli
La Napoli che Antonio
e Marco Manetti hanno portato a Venezia è una città finalmente libera dal
velo dell’antonomasia.
Da non napoletano guardi ad “Ammore e Malavita” con lo stesso sguardo dei turisti sullo
scuolabus giallo delle prime sequenze: la città minimizzata, nemmeno fosse un
quadro vedutista, alle sole Vele di Scampia, “si vende”, mostrandoti tutto
quello che ti aspetti, salvo poi capovolgerlo, beffarda, a suo piacimento, il
più delle volte con l’ausilio della musica.
E’ così che la morte del boss, Vincenzo Strozzalone
(Carlo Buccirosso), si rivela una
farsa, un equivoco che oscilla tra il neomelodico ed il soul.
Il
traditore , che si chiama Ciro proprio come in altre e
fortunatissime narrazioni della napoletanità che presuntuosamente si impongono come antonomasia, qui non è una bestia con la
barba sfatta ma un Robin Hood total
black, con la vista a raggi x ed il cuore ammanettato dall’amore per una donna,
Fatima (Serena Rossi).
Colei che la serialità post-Gomorra definirebbe “la testimone scomoda” qui è solo un
elemento dell’abile contrappunto da commedia romantica e s-canzonata costruita
dai Manetti: un’infermiera con
pettinatura afro, a metà tra la Whoopi Goldberg di “Sister Act” e la Whitney
Houston di “The Bodyguard”; e si, se ve lo state chiedendo, in questo caso
Kevin Costner è proprio Giampaolo
Morelli!.
Scopriamo dalla lirica di presentazione di Fatima,
la già diventata cult “l’Ammore overo”, costruita sulla
base di “What a feeling”, che l’amore tra la ragazza e Ciro è roba per
fatalisti, il destino ci ha messo, da sempre, lo zampino: un destino spesso già
scritto ma che si può cambiare , come è successo a Donna Maria (una sorprendente,
nonché ultimamente particolarmente
ubiqua, Claudia Gerini), first lady tutta lacrime e cinema che oggi vive
accanto al re d’’o pesce dopo esserne
stata, per anni, la serva.
La musica è il vero narratore onnisciente della
storia: accompagna momenti topici, come per esempio la sanguinosa scalata di
Ciro ,vestita ritmicamente dalle inconfondibili percussioni di Ciccio Merolla, spacca la città in due.
In una mai così buia Piazza Plebiscito, Pino
Mauro si erge a testimone della storia tra Ciro e Fatima, grazie ad una
serenata (Chiagne femmena), che è speranza e premonizione insieme, mentre
Franco Ricciardi irrigidisce Piazza
Mercato, rinfacciando al ragazzo il suo ineluttabile destino, quello di essere Guaglione
‘e Malavita.
Alla fine del film si scende tutti dallo scuolabus
giallo con la consapevolezza che tutto l’amore del mondo non sarà mai Napoli.
Peccato tu riesca a dirlo, e cantarlo, solo andando via.
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