giovedì 12 ottobre 2017

“AMMORE E MALAVITA”: LA RECENSIONE S-CANZONATA DEL NUOVO FILM DEI MANETTI BROS.


di Riccardo Manfredelli

 

La Napoli che Antonio e Marco Manetti hanno portato a Venezia è una città finalmente libera dal velo dell’antonomasia.

Da non napoletano guardi ad “Ammore e Malavita” con lo stesso sguardo dei turisti sullo scuolabus giallo delle prime sequenze: la città minimizzata, nemmeno fosse un quadro vedutista, alle sole Vele di Scampia, “si vende”, mostrandoti tutto quello che ti aspetti, salvo poi capovolgerlo, beffarda, a suo piacimento, il più delle volte con l’ausilio della musica.

E’ così che la morte del boss, Vincenzo Strozzalone (Carlo Buccirosso), si rivela una farsa, un equivoco che oscilla tra il neomelodico ed il soul.

Il traditore , che si chiama Ciro proprio come in altre e fortunatissime narrazioni della napoletanità che presuntuosamente si impongono  come antonomasia, qui non è una bestia con la barba sfatta ma un Robin Hood total black, con la vista a raggi x ed il cuore ammanettato dall’amore per una donna, Fatima (Serena Rossi).

Colei che la serialità post-Gomorra definirebbe “la testimone scomoda” qui è solo un elemento dell’abile contrappunto da commedia romantica e s-canzonata costruita dai Manetti: un’infermiera con pettinatura afro, a metà tra la Whoopi Goldberg di “Sister Act” e la Whitney Houston di “The Bodyguard”; e si, se ve lo state chiedendo, in questo caso Kevin Costner è proprio Giampaolo Morelli!.

Scopriamo dalla lirica di presentazione di Fatima, la già diventata cult “l’Ammore overo”, costruita sulla base di “What a feeling”, che l’amore tra la ragazza e Ciro è roba per fatalisti, il destino ci ha messo, da sempre, lo zampino: un destino spesso già scritto ma che si può cambiare , come è successo a Donna Maria (una sorprendente, nonché  ultimamente particolarmente ubiqua, Claudia Gerini), first lady tutta lacrime e cinema che oggi vive accanto al re d’’o pesce dopo esserne stata, per anni, la serva.

La musica è il vero narratore onnisciente della storia: accompagna momenti topici, come per esempio la sanguinosa scalata di Ciro ,vestita ritmicamente dalle inconfondibili percussioni di Ciccio Merolla, spacca la città in due. In una mai così buia Piazza Plebiscito, Pino Mauro si erge a testimone della storia tra Ciro e Fatima, grazie ad una serenata (Chiagne femmena), che è speranza e premonizione insieme, mentre Franco Ricciardi irrigidisce Piazza Mercato, rinfacciando al ragazzo il suo ineluttabile destino, quello di essere Guaglione ‘e Malavita.

Alla fine del film si scende tutti dallo scuolabus giallo con la consapevolezza che tutto l’amore del mondo non sarà mai Napoli. Peccato tu riesca a dirlo, e cantarlo, solo andando via.

 

 

 

 

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