sabato 25 febbraio 2017

"CHI SE NE VA CHE MALE FA" L'EDITORIALE DI #DAVIMEDIALAB

Nella puntata dello scorso 22 Febbraio del  game show Affari tuoi un concorrente si è portato a casa il massimo premio da 500.000 euro: il fortunato si chiama Alessandro Corona, lombardo, classe 1993, che ora sogna di aprire una gelateria.
Un bel modo per il “gioco dei pacchi” nato nel 2001 di congedarsi dal suo pubblico, visto che il programma,  condotto da una nostra vecchia conoscenza,  Flavio Insinna, chiuderà i battenti il prossimo 17 Marzo.
Il comico romano però, recentemente apprezzato in un siparietto a tre con gli amici Brignano e Cirilli sul palco di Sanremo, non resterà certo con le mani in mano: è già in onda, sempre su Raiuno, nella seconda serata del giovedì, con DopoFiction insieme a Nino Frassica ed all’attrice francese Nathalie Guetta con cui aveva già avuto modo di lavorare in precedenza in Don Matteo.
Non ci dimentichiamo che il “nostro” nasce come attore, ecco perché potrebbero essere già tanti i copioni nel suo cassetto in attesa di essere vagliati. L’impegno in access per la Rai ha permesso ad Insinna solo alcune sporadiche apparizioni nelle sue vesti “reali”: l’ultima, solo in ordine di tempo, nella fiction “La classe degli asini”.
“Ora”, promette l’attore durante la conferenza stampa di Dopofiction, “tornerò a far danni!”

VIDEOTECA/ FLAVIO INSINNA SALUTA L’UNISA E RINGRAZIA DAVIMEDIA:

Non mi ricordo chi ha detto che quando una donna cambia taglio di capelli è perché spera in un cambiamento, se non è già avvenuto.
Fatto sta che Elisa pare aver preso alla lettera questa massima presentandosi circa un mese fa, nella conferenza stampa che ha presentato i suoi progetti per il ventennale di carriera, con un taglio tutto nuovo.
A dire il vero già questo aveva fatto sussultare più di qualche sedia tra gli addetti ai lavori, sedie che sono definitivamente cadute quando la cantante friulana ha annunciato ufficialmente il suo addio alla Sugar di Caterina Caselli, l’etichetta  storica della cantante di Luce, da quell’opera manifesto che è Pipes and Flowers fino al più recente On: è proprio il caso di dire “Insieme a te non ci sto più”.
Ora si apre un nuovo capitolo nella storia musicale di Elisa che ripartirà ufficialmente dall’Arena di Verona con tre concerti evento che mostreranno le sue più diverse sfaccettature:  Pop/Rock (12 Settembre), Acustica (13 Settembre) e Orchestra (15 Settembre).
E negli uomini? Come si percepisce che qualcosa sta cambiando, specie se i capelli sono pochi o non ci sono del tutto?
Forse saprà risponderci il nostro prossimo ospite musicale, Mario Biondi.
Troppo curiosi?: abbiate pazienza, Aprile è dietro l’angolo!

RICCARDO
MANFREDELLI


sabato 18 febbraio 2017

FRANCESCO MONTANARI A #DAVIMEDIA: LA SPERANZA E' UNA (BELLA) RESPONSABILITA' ...

Francesco Montanari ha chiuso una settimana ricchissima per gli eventi Davimedia.
L’attore, famoso al pubblico mainstream per avere interpretato il ruolo del Libanese, si è concesso ad una lunga chiacchierata, alla presenza, tra gli altri, degli alunni delle Scuole Medie di Lancusi.
A sentirlo parlare sembra davvero che Francesco sia stato investito di una missione: è come se il suo mestiere di attore fosse il terreno di una lotta epica tra la testa ed il cuore, in cui a vincere è quasi sempre il primo.
Quel quasi è rappresentato da quelli che Francesco definisce due mostri strani: la produzione ed il successo.
La prima rischia di trasformare la cultura audiovisiva in uno stantìo girotondo pop, che si aggroviglia continuamente su se stesso, propinandoci le stesse trame e le stesse facce; il secondo può essere un’arma a doppio taglio specie se, come nel caso del nostro ospite che quando ha cominciato a girare “Romanzo Criminale” era poco più che ventenne, arriva da giovanissimi.
Un modo per uscire da questo circolo vizioso, la sua Ogigia, Francesco l’ha trovata : il teatro.
Tra gli ultimi testi che lo hanno visto sulle scene c’è quell’ “Americani”, che è stato riadattato da un altro graditissimo ospite di Davimedia, Sergio Rubini, che lo scorso ottobre ha conquistato la platea capitolina con un affresco che sviscera senza mezze misure, il mondo del potere capitalistico, dominato  da  dis-valori quali la competizione,  che ci allontanano dalla nostra umanità.
In fondo fare l’attore vuol dire lottare continuamente con la testa ed il cuore contro una situazione limite, un equilibrio precario; e tante sono le esistenze funamboliche sul filo della vita che costellano la carriera di Montanari: non solo quella del Libanese e della sua banda in “Romanzo Criminale”, ma anche quelle descritte da Daniele Vicàri nel suo nuovo film di prossima uscita “Sole, Cuore, Amore”: la descrizione impietosa, senza peli sulla macchina da presa, di un mondo dove le famose tre parole della canzone non bastano più, se non altro perché non si mangiano.
Tocca a noi, chiosa Montanari approfittando della domanda di un giovane nel pubblico; lancia una sfida Francesco, forse la più difficile perché riguarda la speranza che, per quanto nascosta e spesso difficile da decifrare rimane comunque una (bella) responsabilità.
E forse non è un caso che, a proposito di speranza, Francesco figuri nel cast di due opere prime: “Le Verità” del campano Giuseppe Alessio Nuzzo che, in atmosfere thriller, racconta la storia di un “dono”, e “Ovunque tu sarai” di Roberto Capucci, che prende le mosse da un viaggio a Madrid che quattro amici intraprendono per seguire la loro squadra del cuore.

RICCARDO
MANFREDELLI





venerdì 17 febbraio 2017

IL CUORE OLTRE: DODI BATTAGLIA INCANTA #DAVIMEDIA


Fisciano, 16 Febbraio 2017

E’ un racconto corale l’avan-spettacolo che precede l’incontro speciale con Dodi Battaglia organizzato da Davimedia.

Mentre il Teatro del nostro Ateneo si riempie inesorabilmente di vissuti e afflati mi rendo conto di una cosa: che no, mai nessuno fermerà la musica, nemmeno adesso che i Pooh hanno chiuso trionfalmente la loro cinquantennale carriera.

“Solo un deficiente può pensare di fermare la musica”, racconta Dodi ad una platea mai così trasversale, che accoglie persone provenienti da più parti della nostra Penisola.

Il segreto di tutta questa forza è senza dubbio l’amore per ciò che si fa, che vibra, palpita, fa saltare le certezze di una ventenne, felice di  aver trovato finalmente qualcuno che, non importa quanto lontano da lei per anni storia ed esperienze, le sussurra, semplicemente pizzicando le corde delle sue chitarre, tutto quello che avrebbe sempre voluto sentirsi dire.


L’esempio, quando è autentico, si diffonde come un’eco, e chi meglio di Dodi può raccontare quanto il lasciarsi plasmare sia penetrante. Lui che di incontri importanti ne ha fatti tanti, da Hendrix a Clapton passando per Tommy Emanuel, oggi ha tutte le carte in regola per passare dalla parte dei maestri, di coloro che donano qualcosa di sé senza tradirsi, che sia una canzone o il plettro di una chitarra che in mano ad un ragazzino di oggi ha la stessa benedetta forza vitale di un seme.

Lo stesso seme che Valerio Negrini decise di gettare nel 1968, quando aprì a Dodi le porte dei “suoi” Pooh: sa di fiducia, ha perciò il sapore di un grazie l’esecuzione di “Vale” cui il pubblico tributa una standing ovation.


Cinquant’anni di storia con sulle spalle il peso di un mondo che cambia e che spesso stentiamo a capire, è tutto nel sorriso e nella voglia di vivere di madre e figlia che mi siedono poco più avanti.

Che vuoi che sia, mi raccontano e si raccontano, da quel 30 Dicembre 2016 e quell’Unipol Arena che avrebbero voluto non arrivasse mai, fino ad oggi, del loro lungo viaggio fatto apposta per rivedere un amico, perché, sembrano cantare mentre lo dicono, Glielo avevamo promesso; ed io sono sicuro che fino a quando la musica sarà in grado di fare tanta luce, nessun pensiero potrà mai restare chiuso qui.

Un’estate di concerti attende Dodi ed ecco che parte il toto-location: c’è perfino chi lascerebbe a Dodi le sue chiavi di casa magari con accanto qualcosa per coprirsi quando fa freddo: una sciarpa, che, la signora che m siede accanto è pronta a scommetterci, nessuno laverebbe più, o un abbraccio.

 

RICCARDO MANFREDELLI

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lunedì 13 febbraio 2017

GIORGIO PASOTTI RACCONTA A DAVIMEDIA IL "SUO DOPPIO"

Antonin Artaud nella sua opera “Il Teatro e il suo doppio” ha definito l’attore un “atleta del cuore”.
Mai definizione fu più incisiva per introdurre l’ospite che ha riaperto l’edizione 2016/17 di Davimedia: Giorgio Pasotti.
Lui che atleta lo è stato per davvero, un enfant prodige del karate, che dal sogno di diventare medico sportivo si è ritrovato ad essere oggi uno degli attori più apprezzati e versatili della nostra Penisola.
Il talento di Pasotti è un ponte tra due culture: i suoi primi contatti con la settima arte infatti sono avvenuti tra Pechino e Hong Kong dove una produttrice lo volle per le sue indiscusse qualità sportive:
“In sostanza volevano un occidentale che, da cattivo che è, mena tutti”.
Il nome del “divergente” Giorgio, nei titoli di coda ti rendevi conto che l’occidentale ero io, ovvio… in mezzo a tutti quei caratteri… racconta divertito l’attore, arriva anche alle orecchie dell’allora esordiente Daniele Luchetti che lo vuole protagonista, insieme ad un altrettanto giovanissimo Stefano Accorsi, del suo “Piccoli Maestri”.
Una cifra, quella del racconto generazionale di impianto corale, che via via si è fatta strada nel curriculum artistico del Pasotti fino ai più recenti L’ultimo bacio e Baciami ancora per la regia di Gabriele Muccino.
Il mondo in cui però Giorgio sembra sentirsi maggiormente a suo agio è la regia ed è per questo che, abbiamo motivo di credere, che Io e Arlecchino non sarà un unicum nel percorso dietro la macchina da presa del nostro ospite.
Poi c’è il teatro grazie al quale Pasotti sembra aver fatto sua un’altra lezione di artaudiana memoria: Non bisogna temere i classici.
E’ da questa coraggiosa istanza che nasce Da Shakespeare a Pirandello: lo spettacolo, per la regia di Davide Cavuti, ha un intento ben preciso: riattualizzare i classici per avvicinare al teatro i giovani italiani, che sono tra i più radi frequentatori di teatro del vecchio Continente; ma se i nomi altisonanti vi spaventano, niente paura: lo spettacolo è quanto di meno didascalico si sia visto sulle scene italiane, che spesso si rapportano con eccessiva riverenza a nomi di questa caratura: il risultato piuttosto somiglia ad un match di scherma, nel quale l’attore famoso al grande pubblico per essere stato nel cast della serie Distretto di Polizia, sa perfettamente dove andare a colpire i suoi stimatissimi avversari, per raccontarsi e raccontare come sia cambiato nel tempo il mestiere dell’attore che è insieme il mestiere più bello ma anche più complicato del mondo.

I giovani sono tra l’altro al centro della nuova politica di TeatroNovanta, l’ente che ha collaborato alla messinscena dello spettacolo di Pasotti, che per San Valentino approda al “Teatro delle Arti” di Salerno: per permettere a tutti di poter assistere da “protagonisti” al gioco serio del Teatro, TeatroNovanta ha pensato ad un mini-abbonamento che, nel prezzo, va senza dubbio incontro alle tasche dei più giovani.
Lo spettacolo di Pasotti, in particolare, si inserisce in una rassegna che celebra il territorio partenopeo, le sue anime ed i suoi “mille culure”: l’ultimo appuntamento è fissato per l’inizio di Aprile con “Napoli That’s Amore”, che “ritorna a casa” dopo una trionfale tournèe italiana.


RICCARDO
MANFREDELLI


sabato 11 febbraio 2017

DA #DAVIMEDIA AL FESTIVAL DI SANREMO: NON SOLO FIORELLA MANNOIA


Il prossimo 16 Febbraio per Davimedia sarà una giornata storica: la nostra kermesse è infatti la prima ad ospitare un componente dei Pooh dopo lo scioglimento della band avvenuta lo scorso 30 Dicembre durante L’ultima notte insieme in quel di Bologna.

Negli anni il nostro Teatro di Ateneo ha ospitato quasi tutti i componenti del gruppo che ha scritto la storia della musica italiana con pezzi indimenticabili quali Pensiero o Chi fermerà la musica; ne mancava solo uno, due se consideriamo la formazione originale con Riccardo Fogli: Dodi Battaglia.

L’artista si racconterà tra musica e parole, questo il nome dello speciale format concepito su di lui dal nostro contenitore culturale, e forse, visto che sarà passata meno di una settimana dalla fine del Festival di Sanremo, partirà proprio da quella Uomini Soli che nel 1990 consacrò in riviera i Pooh, rivelandosi col senno di poi uno dei loro più grandi successi.


 

A proposito di Sanremo molte sono le ugole d’oro che dal palco di Davimedia sono poi approdate in riviera: l’ultima in ordine di  tempo è Fiorella Mannoia. Vi ricordate? E’ stato proprio il nostro blog, qualche mese fa, tra i primi  a lanciare l’indiscrezione.

Mentre scriviamo la rossa romana ha già messo una seria ipoteca sulla vittoria: il suo brano, Che sia Benedetta, scritto dalla giovane Amara, in tre giorni ha scalato la classifica di ITunes ed il video ufficiale è stato il primo, tra quelli di questa edizione di Sanremo, a superare un milione di click.
 

Vittoria sfiorata invece nel 2015 per Nek.

Nonostante la medaglia d’argento, appena dietro ai tre “tenorini” de Il Volo, la sua Fatti avanti amore è diventata una hit che ancora suona nelle radio. Come è ancora forte nell’etere anche la cover di Se Telefonando di Mina che il cantante di Sassuolo ha saputo sapientemente rimaneggiare rendendola un ritrovato tormentone estivo.

Oltre  ai “soli posti in piedi” fatti registrare a Davimedia da Nek nel 2015, c’è un’altra nostra grande amica che pare affezionata all’atmosfera festivaliera: stiamo parlando di Malika Ayane.

Dopo essere stata nostra ospite per un intensissimo live nel 2014, Malika è arrivata terza al Sanremo successivo con la canzone Adesso e qui (Nostalgico presente) apripista di un album, Naif, che ha visto certificati con dischi d’oro e di platino molti singoli della cantante.

Di recente Malika è approdata anche in teatro nelle vesti di protagonista di Evita, lo spettacolo di Massimo Romeo Piparo che, per la prima volta con un allestimento italiano, celebra la figura della moglie del celeberrimo Presidente argentino Peròn.
 

 


 

RICCARDO MANFREDELLI

 

sabato 4 febbraio 2017

#DAVIMEDIAREWIND: SYDNEY SIBILIA TORNA AL CINEMA CON IL SECONDO CAPITOLO DI "SMETTO QUANDO VOGLIO".

Era da poco entrata la primavera quando tre anni fa, in un teatro d’Ateneo con soli posti in piedi, un giovane Sydney Sibilia presentava alla platea Davimedia il suo primo film da regista: Smetto quando voglio.
Al centro della storia uno scalcinato gruppo di ricercatori universitari capitanati da Pietro Zinni, l’ingegnere interpretato da un’altra vecchia conoscenza della nostra kermesse, Edoardo Leo, che in poco tempo diventa la banda di piccoli spacciatori più temuta della Capitale, per aver immesso sul mercato una smart drug non ancora dichiarata illegale. Le cose precipitano  quando l’ingloriosa epopea dei nostri arriva alle orecchie del re delle “piazze” di Roma, il “Murena”(Neri Marcorè): per Pietro ed i suoi è ora di smettere: ce la farà l’ingegnere ad essere un buon esempio per il figlio che la sua ragazza, Giulia (Valeria Solarino), sta per dare alla luce?
Come in un puzzle, Smetto quando vogllio-Masterclass si inserisce perfettamente nella narrazione fluida del Sibilia, evitando stacchi repentini che avrebbero potuto lasciar smarrito lo spettatore. Il compito di ricucire il dittico spetta, in qualche modo, ad un personaggio in particolare: l’ispettore Paola Coletti (Greta Scarano). La giovane, da sempre in lotta contro il mercato delle smart drugs, in barba agli avvertimenti dei suoi superiori, propone a Pietro un accordo: riformare la banda affinché questa stani, per conto della Polizia, il mercato delle sostanze non ancora dichiarate illegali: alla trentesima sostanza segnalata, liberi tutti!
Dopo l’iniziale riluttanza eccoli di nuovo tutti: oltre a Pietro, ci sono anche il chimico Alberto (Stefano Fresi), ora in cura per uscire dalla dipendenza da droghe, i due campioni di Certamen Giorgio e Mattia (Lorenzo Lavia e Valerio Aprea), l’antropologo Andrea (Pietro Sermonti), l’economista Bartolomeo (Libero di Rienzo) e l’archeologo Arturo (Paolo Calabrese); insieme daranno vita ad una, a tratti tragicomica, breccia di Roma, in nome della libertà, di una vita di prima che, forse, non hanno mai avuto.
Si stava meglio quando si stava peggio dunque? Non è dato saperlo, anche perché, segnalata la trentesima sostanza,  la Polizia ha un’altra richiesta per la banda dei ricercatori: portarne a casa un’altra, difficile da analizzare e quindi stanare: il produttore è un misterioso personaggio interpretato da Luigi Lo Cascio che, siamo sicuri, darà del filo da torcere ai nostri in Smetto quando Voglio- Ad Honorem, ultimo capitolo della trilogia la cui uscita nelle sale dovrebbe essere stata già prevista al più tardi per i primi mesi del 2018.
La trilogia creata da Sydney Sibilia è un potentissimo affresco sul potenziale, sul nostro potenziale, che a volte tradiamo per fare muro ad  un sistema sempre più arido di possibilità, perché in qualche modo bisogna pure sopravvivere: ecco perché i ricercatori nel primo film iniziano a spacciare;  essi intravedono una luce in fondo al tunnel di una precarietà routinaria ed asfissiante, checché il Gasparri di turno ne possa twittare.
Nel secondo film il potenziale sembra ritrovare la strada maestra, ingaggiando  i nostri in una spesso anacronistica lotta per la redenzione; ma, si sa, ricominciare non è mai facile, specie se non sai da dove farlo.
E’ anche un altro però l’ingrediente che, a mio avviso, sancisce il successo della “creatura” di Sibilia: quella costante, affamata idea di fuga.
L’ideale “fuga da se stessi” del primo film, si trasforma nel secondo in una fuga vera e propria, fisica: la tanto conclamata e temuta (?), fuga di cervelli; in questo senso va secondo me letto l’ingresso nella banda dei personaggi di Marco Bonini e Giampaolo Morelli: l’uno è infatti un fine anatomista che accende risse in un mercato di Marrakech, l’altro è un ingegnere che sfrutta il suo potenziale per preparare colpi di Stato in tutto il mondo.

RICCARDO
MANFREDELLI