Mercoledì 8 Marzo 2017, 22.11
Mi preparo all’incontro
con Maurizio Compagnoni del prossimo 13 Marzo con una sola certezza: la palla è rotonda!.
Per il resto, le mie
conoscenze sul mondo del calcio fanno capo ad un Fifa talmente vecchio che ancora Buffon giocava nel Parma; della
Coppa Italia mi interessa solo sapere quale cantante intonerà Mameli durante la
finale e perché lo stesso, ogni anno, irrimediabilmente è accompagnato da una
massiccia dose di fischi e pernacchie di varia natura. Saranno gli effetti del
pratriottismo post tessera del tifoso?
A proposito di
patriottismo, i Mondiali però li guardo. I Mondiali e gli Europei, li guardo e
piango. Si, piango al pensiero dei miei timpani triturati dall’airplay
selvaggio delle canzoni ufficiali della competizione, tra cui l’indimenticato Waka Waka, nelle settimane precedenti e
successive ai giochi. Amen.
Una cosa, anzi due, su
cui non mi batte nessuno sono invece le associazioni calciatore-velina e le
bestemmie silenziose pre-rigori: non sono mai stato così blasfemo come prima
dell’ultimo rigore di Grosso a Berlino 2006, e non ho mai tirato giù una tale
quantità di Santi come dopo la performance da tronista di Pellè: mi ricorda un po’ me ai tempi delle versioni di greco.
Consegnavo con la sicurezza degna del nuovo Esopo, solo che poi il voto era
sempre lo stesso, inequivocabile.
Come inequivocabile è
sempre stato il savoir-faire di mio
padre in tempo di derby milanese, ma guai a chi si mette di traverso;
durante l’ultimo derby per esempio, ad un certo punto il segnale è saltato e
mio padre, con il savoir faire di cui sopra, ha avuto l’ardire di telefonare
alla Premium:
“Se
non mi ridate subito il segnale, la partita va assegnata a tavolino al Milan”.
E’ un mostro strano il
tifo: me ne dà la conferma il fatto che, mentre scrivo, lo studentato in cui
vivo si è trasformato nel teatro di una lotta senza quartiere tra studenti
Erasmus e autoctoni: la partita è di quelle importanti, Napoli-Real, chi vince
va avanti nella Champions.
C’è un problema: dalle
urla non si capisce chi segna o chi mette la firma su un’azione importante; esultiamo tutti in un modo così banalmente
uguale!. Gli amici spagnoli non fanno nemmeno lo sforzo di distinguersi
aggiungendo, che ne so, un “Ariba! Ariba!”.
Insomma, come vedete di
esempi edificanti che mi avvicinino allo “sport più bello nel mondo”, ne avrei;
la verità è che proprio lo sport in generale non mi entra in testa, e a nulla
sono valse le visite di un Gianluca di
Marzio, a detta di molti un guru, la Sibilla Cumana del calciomercato, o di
Federico Buffa, che negli anni hanno
pregiato il nostro Ateneo. Rimango il classico allievo bravo ma che non si applica. Forse potrei riuscirci con gli
insegnanti giusti: Davimedia, hai provato a chiedere a Diletta Leotta cosa ha da fare nei prossimi mesi?.
RICCARDO
MANFREDELLI
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