martedì 28 marzo 2017

“LORELLA, 6 FANTASTICA!”

“LORELLA, 6 FANTASTICA!”

La notte vola” diceva la famosa sigla di un suo programma, ma anche il giorno non scherza, quando nel Teatro di Ateneo arriva Lorella Cuccarini, per una chiacchierata fluida e senza maschere.
L’autenticità che traspare dagli occhi e dalla voce della showgirl, lanciata giovanissima da Pippo Baudo, è in sintonia perfetta con la bellissima giornata che furoreggia fuori dai locali del teatro, e con il motto di vita della “più amata dagli italiani”: “Ogni giorno il sole”.
Un’iniezione di ottimismo che è di recente diventata anche un libro edito da Piemme, che più che un’autobiografia vuole essere un racconto senza fronzoli o fraintendimenti, delle esperienze che hanno fatto di Lorella l’artista e la donna straordinaria che è oggi.
Tutto è cominciato con Lorella quattordicenne chiamata, insieme ad altri giovanissimi ballerini, ad esibirsi nel programma di Raffaella Carrà Che sera.
Alla “signora Carramba”, Lorella è legata da un sentimento di profonda stima, per molti è lei infatti l’erede della Raffa nazionale.
Poi Lorella ha incontrato sulla sua strada Pippo Baudo che l’ha voluta per Fantastico; un punto di svolta innegabile per la bella romana che racconta: “la prima puntata fece ascolti stratosferici. Prima passeggiavo tranquilla per le strade del mio quartiere, dopo fantastico, d’improvviso, mi riconoscevano tutti”.
Lorella, nella sua lunga carriera è non solo passata dal ruolo di “semplice” showgirl a quello di conduttrice tout court, un qualcosa che, assicura lei con un sorriso, ha acuito il mio senso di responsabilità per ciò che andava in onda, ma è stata anche pioniera di un nuovo modo, oserei dire quasi rivoluzionario, di fare tv.
Pensate per esempio che prima di Odiens la Mediaset non aveva mai controprogrammato il varietà del sabato sera di Viale Mazzini, o che, il suo Buona Domenica è stato il primo programma di intrattenimento trasmesso in diretta dal Biscione.
Ma Lorella non era la sola signora della domenica: con lei, quasi in un perfetto contrappunto sinfonico, c’era Marco Columbro, che ha poi ritrovato anche a Paperissima:
“Il programma, visti gli ascolti importanti fatti registrare a Italia Uno”, racconta Lorella con una punta di orgoglio ma spoglia di qualsiasi malinconia, “fu da allora promosso su Canale 5”.
Tra i tanti amori di Lorella c’è anche quello per il teatro ed in particolare il musical. L’ultima sua fatica in ordine di tempo è La Regina di Ghiaccio, la faccia pop della Turandot che, dopo due settimane di rodaggio nella Capitale adesso Lorella spera di poter portare presto in giro per l’Italia.
Tra i suoi lavori sul palcoscenico c’è però anche Il pianeta proibito, un rimaneggiamento in chiave rock dell’archetipo shakespeariano de La Tempesta.
Eccola la chiave di volta dell’incontro: come la “sua” Miranda, anche Lorella ha imparato a ballare sotto la Tempesta; l’una completamente scevra dalle convenzioni sociali, l’altra che non ha mai smesso di lasciarsi accendere gli occhi dalla forza vitale di un sogno.
A proposito di sogni e di confini che diventano orizzonti, Lorella, mentre si prepara a lanciare sul mercato discografico un disco con un best of delle sigle eseguite nel programma NemicaAmatissima, vorrebbe tanto cimentarsi in un ruolo cinematografico: “Dicono che abbia l’età giusta per essere un procuratore distrettuale o un poliziotto”.
Giallisti in ascolto, telefonate.
RICCARDO
MANFREDELLI



venerdì 17 marzo 2017

LUCA TOMMASINI SI FA IL CUORE (QUELLO, PER DAVVERO) A #DAVIMEDIA...

Tra i primi dischi italiani che ho comprato c’è anche quello “Spirito Libero” di Giorgia, che nel 2007 ha fatto ballare ed imprecare il mio condominio.
Tutti i videoclip dei singoli estratti da quell’album portano la firma inconfondibile di Luca Tommassini.
Sono lavori in cui l’estetica e il “credo” del poliedrico artista romano già brillavano lasciando ben poco spazio ai dubbi: si tratta di un videomaking che mette al centro l’artista, le sue peculiarità, il suo corpo, insieme a tanti altri piccoli dettagli perfettamente orchestrati, in cui spicca senz’altro un’incisiva componente coreografica, che fanno della clip un piccolo spettacolo.
Una ricerca che negli anni, specie in Italia, ha lasciato spazio ad un’asfissiante, ossessiva, esigenza di narrazione; vuoi perché in Italia non abbiamo una Sia o una Lady Gaga che sono arte contemporanea già nel modo che hanno di “vendersi”, spendersi sul palco, vuoi perché pare che il pubblico italiano pare abbia un’esigenza fortissima, paragonabile quasi ad un’impellenza fisica: quella di capire.
Ma che vuoi capire di più quando già il titolo della canzone è, per esempio, “Senza Pietà”?
Ecco perché, un programma come “Dance, Dance, Dance”, nuova perla di SkyUno che vede tra i giurati proprio Luca, suona inaspettato quanto necessario.
Il programma che ha avuto il merito di dare nuova linfa al videoclip come prodotto d’arte assoluto, è però solo l’ultimo dei successi che hanno visto coinvolto Luca Tommassini, nostro ospite lo scorso venerdì, che ha recentemente raccontato la sua storia nel libro “Fattore T.”
T come Talento verrebbe subito da dire, eppure non è certo perché il Talento è inafferrabile e acquista il suo senso solo su un palcoscenico che Luca descrive con un’immagine molto poetica come uno scampolo di luce in vite altrimenti buie, anime graffiate dalla vita. Storie che il coreografo sa vestire con estrema sensibilità, come dimostra da ormai undici edizioni ad X Factor come direttore artistico:
“Siamo l’anti-televisivo per eccelenza” racconta Luca col fascino tipico delle cose per le quali hai smesso di chiederti perché, col sorriso che hanno le cose quando cominci a godertele, viverle.
“Non cerchiamo voci, erchiamo anime. Esseri umani.” E qui l’autoradio del mio cuore non può che suonare un pezzo dell’anima più bella che il talent passato dalla Rai a Sky abbia saputo far germogliare: Marco Mengoni.


“Esseri umani” per l’appunto.
Non importa quanto clandestini e sbagliati possano essere agli occhi degli altri.
Esseri umani che, come Luca, si sono fatti il Cuore. E no, non ho fatto il simpatico sostituendo volutamente una parola. La parola è quella giusta.
L’ho scelta semplicemente guardando Luca negli occhi.

RICCARDO
MANFREDELLI


lunedì 13 marzo 2017

MAURIZIO COMPAGNONI A #DAVIMEDIA: FENOMENOLOGIA DI UN AMULETO ...

Un esercito di tifosi, appassionati di calcio e giovani promesse del giornalismo sportivo ha salutato l’arrivo di Maurizio Compagnoni a Davimedia.
L’incontro, organizzato in concorso con la cattedra di Diritto  del Turismo del Dipartimento di Scienze Giuridiche, ha permesso al giornalista san benedettese, naturalizzato milanese, di raccontare sé stesso ed il suo mestiere attraverso tre parole chiave: Passione, Business e Comunicazione.
La passione è quella che ha guidato Maurizio dagli esordi a dimensione locale, fino al primo esempio di pay-tv, Telepiù, fino ad oggi, a Sky, dove è tra i più apprezzati telecronisti: è lui l’amuleto della Salernitana; pare infatti che ogni volta che il Compagnoni commenta una partita della squadra, l’ultima risale all’ottobre scorso col Benevento, la squadra si porta a casa un risultato positivo.
Ma c’è anche un altro motivo che lega particolarmente Compagnoni alla squadra cittadina: l’Arechi, racconta, ti trascina, e la telecronaca cammina da sola.
Spazio poi ad una finestra sul mondo degli affari che gravita attorno al mondo del pallone: l’Italia, per Compagnoni, ha capito tardi che il calcio non si gioca solo sul campo, ma è anche un brand da esportare in termini di sponsorizzazioni e, soprattutto, diritti televisivi. Un passaggio questo che in altri Paesi è già avvenuto, ed è forse per questo che, in una classifica recentemente pubblicata che guarda agli sportivi più iconici ed anche più pagati del mondo, gli italiani possano contarsi sulle dita di una mano.
A proposito di icone, di ieri e di oggi, il racconto aneddotico del Compagnoni, si ferma, sospinto da una corrente di curiosità mai così forte, su almeno tre personalità:
Ricardo Kakà, l’attacante brasiliano indimenticato milanista, per il quale Compagnoni ha scomodato l’epiteto di extraterrestre, Roberto Baggio, un talento indiscutibile del calcio giocato, forse un po’ meno di quello in giacca e cravatta, ed infine la giovane promessa fiscianina Nicola Citro.
La curiosità che più di tutte serpeggiava però nell’aria giàda prima che il giornalista entrasse in una pienissima Aula Cilento è: come si prepara una telecronaca?
Nel rispondere Maurizio Compagnoni, non ha potuto sottovalutare l’apporto del web: Oggi le informazioni che prima dovevi cercare spendendo intere giornate in archivio, le ottieni in pochi secondi.
Anche Mark “assopigliatutto” Zuckemberg sembra essersi accorto che il cortocircuito tra orizzonte social-mediale e calcio giocato è più di un’ipotesi: pare infatti che il CEO di Facebook, stia pensando di acquistare per la sua piattaforma i diritti del campionato inglese. Se una frontiera del genere diventasse orizzonte anche qui in Italia come cambierebbe il mondo del giornalismo sportivo?
Compagnoni è consapevole di non poter dare una risposta esaustiva a questa domanda veloce com’è il mondo dell’informazione a mimetizzarsi, ad ibridare linguaggi e poetiche difficili da contenere in un unico approdo. C’è riuscita sicuramente Sky a fare sintesi, grazie al supporto di una valente squadra di giornalisti, la poco trascurabile disponibilità di capitali ed un’incisiva linea editoriale. Le pay tv hanno avuto senz’altro il merito di aprire l’orizzonte calcistico italiano, di calarlo in una dimensione più squisitamente Europea, ha chiosato Compagnoni; ma potrebbe non essere finita qui: la prossima stagione potrebbe essere addirittura contrassegnata da un graditissimo ritorno in casa Sky.

RICCARDO
MANFREDELLI


mercoledì 8 marzo 2017

"MI PREPARO ALL'INCONTRO CON COMPAGNONI CON UNA SOLA CERTEZZA.." DIARIO DI UNA SCHIAPPA IN 4-4-2


Mercoledì 8 Marzo 2017, 22.11
Mi preparo all’incontro con Maurizio Compagnoni del prossimo 13 Marzo con una sola certezza: la palla è rotonda!.
Per il resto, le mie conoscenze sul mondo del calcio fanno capo ad un Fifa talmente vecchio che ancora Buffon giocava nel Parma; della Coppa Italia mi interessa solo sapere quale cantante intonerà Mameli durante la finale e perché lo stesso, ogni anno, irrimediabilmente è accompagnato da una massiccia dose di fischi e pernacchie di varia natura. Saranno gli effetti del pratriottismo post tessera del tifoso?
A proposito di patriottismo, i Mondiali però li guardo. I Mondiali e gli Europei, li guardo e piango. Si, piango al pensiero dei miei timpani triturati dall’airplay selvaggio delle canzoni ufficiali della competizione, tra cui l’indimenticato Waka Waka, nelle settimane precedenti e successive ai giochi. Amen.
Una cosa, anzi due, su cui non mi batte nessuno sono invece le associazioni calciatore-velina e le bestemmie silenziose pre-rigori: non sono mai stato così blasfemo come prima dell’ultimo rigore di Grosso a Berlino 2006, e non ho mai tirato giù una tale quantità di Santi come dopo la performance da tronista di Pellè: mi ricorda un po’ me ai tempi delle versioni di greco. Consegnavo con la sicurezza degna del nuovo Esopo, solo che poi il voto era sempre lo stesso, inequivocabile.
Come inequivocabile è sempre stato il savoir-faire di mio padre in tempo di derby milanese, ma guai a chi si mette di traverso; durante l’ultimo derby per esempio, ad un certo punto il segnale è saltato e mio padre, con il savoir faire di cui sopra, ha avuto l’ardire di telefonare alla Premium:
“Se non mi ridate subito il segnale, la partita va assegnata a tavolino al Milan”.
E’ un mostro strano il tifo: me ne dà la conferma il fatto che, mentre scrivo, lo studentato in cui vivo si è trasformato nel teatro di una lotta senza quartiere tra studenti Erasmus e autoctoni: la partita è di quelle importanti, Napoli-Real, chi vince va avanti nella Champions.
C’è un problema: dalle urla non si capisce chi segna o chi mette la firma su un’azione importante; esultiamo tutti in un modo così banalmente uguale!. Gli amici spagnoli non fanno nemmeno lo sforzo di distinguersi aggiungendo, che ne so, un “Ariba! Ariba!”.
Insomma, come vedete di esempi edificanti che mi avvicinino allo “sport più bello nel mondo”, ne avrei; la verità è che proprio lo sport in generale non mi entra in testa, e a nulla sono valse le visite di un Gianluca di Marzio, a detta di molti un guru, la Sibilla Cumana del calciomercato, o di Federico Buffa, che negli anni hanno pregiato il nostro Ateneo. Rimango il classico allievo bravo ma che non si applica. Forse potrei riuscirci con gli insegnanti giusti: Davimedia, hai provato a chiedere a Diletta Leotta cosa ha da fare nei prossimi mesi?.

RICCARDO
MANFREDELLI





venerdì 3 marzo 2017

DONNE A TEATRO: I CONSIGLI DI #DAVIMEDIALAB ...

C’è tanto Davimedia nel nuovo programma di Fox Life Dance, Dance, Dance, che  accende il prime time del mercoledì con una sfida tra sei coppie di Vip, celebrando la storia del videoclip musicale: il programma è infatti condotto dalla voce di Radio Dee- Jay Diego Passoni, che ha “tradito” La Pina con la “nostra” Andrea Delogu. La regia del programma è affidata a Duccio Forzano, mentre tra i concorrenti figura anche una grande attrice, nostra ospite nelle passate edizioni di Davimedia: Claudia Gerini.
L’attrice romana, indiscussa musa di Carlo Verdone, mentre si sta giocando la finale del programma, che ha anche una giuria in cui figura anche il nostro prossimo ospite, il coreografo Luca Tommasini, è pronta a tornare al suo primo amore, il teatro, con un musical, “Storie di Claudia” che celebra le icone artistiche che hanno ispirato la Gerini rendendola l’artista versatile che è oggi.
Lo spettacolo, che vede Giampiero Solari alla regia, riprenderà presto a girare l’Italia ed, in particolare, giovedì 9 Marzo farà tappa al Teatro Eduardo De Filippo di Agropoli.

A settembre poi, vedremo la Gerini nella fiction “Suburra”, diretta da Michele Placido, la prima produzione tutta italiana del servizio di streaming Netflix; nel cast ci sarà anche un altro grande amico di Davimedia, Filippo Nigro.
A proposito di donne e teatro, anche Chiara Francini, che abbiamo visto affiancare Pippo Baudo per una parte della stagione di Domenica In, adesso è tornata sul palcoscenico: l’occasione le è venuta da “Due” la nuova fatica di Luca Miniero, che la vede fare coppia, fortunella, con Raoul Bova:
Marco e Paola hanno deciso di andare a convivere e mentre lui è impegnato a montare un letto, lei lo interroga sul loro futuro.  Sapere oggi come sarà Marco fra 20 anni, questa è la sua pretesa. O forse la sua illusione. La diversa visione della vita insieme emerge prepotentemente nelle differenze fra maschile e femminile. Entrambi i due giovani evocheranno facce e personaggi del loro futuro e del loro passato: genitori, amanti , figli, amici che come in tutte le coppie turberanno la loro serenità. Presenze interpretate dagli stessi due protagonisti che accompagneranno fisicamente in scena dei cartonati con le varie persone evocate dal loro dialogo. Alla fine il palco sarà popolato da tutte queste sagome e dai due attori: l’immagine stilizzata di una vita di coppia reale, faticosa e a volte insensata. Perché non sempre ci accorgiamo che in due siamo molti di più. E montare un letto con tutte queste persone intorno, anzi paure, non sarà mica una passeggiata.
 Lo spettacolo, una produzione Enfi Teatro, sarà al Verdi di Salerno dal 30 marzo al 2 Aprile.

RICCARDO
MANFREDELLI