A #Davimedia le Feste arrivano in anticipo. Quello
che va ad aprirsi sarà infatti un Dicembre esplosivo che parte con due ospiti
che promettono di lasciare un segno negli annali della nostra kermesse.
Il primo Dicembre il nostro Teatro d’Ateneo
accoglierà l’attore Francesco Montanari
ed il giorno dopo arriverà a Fisciano l’imprenditore, speaker radiofonico e
conduttore televisivo Francesco
Facchinetti.
Che cos’hanno in comune questi due, nome a parte? Si
portano entrambi addosso una pesante eredità, attribuita loro dalla medietà
dello spettatore italiota.
I
benpensanti che riconoscono nel Montanari solo il
terribile Libanese della serie cult Romanzo
Criminale, sono gli stessi che, quando Facchinetti è alla radio o in tv,
premono su off. La sua “colpa”?: quella di avere un cognome importante, che
secondo gli stessi leoni dell’opinionismo, è sinonimo di uno stato di grazia,
che garantisce ai “figli di” la strada spianata nella ricerca del proprio
posto nel mondo.
Come se essere figli fosse facile: la letteratura
mondiale pullula di lettere ai padri piene
di paura per le aspettative disattese,di voglia di affrancamento da sistemi
educativi spesso non condivisi, di ricerca di un dialogo che nella maggior
parte dei casi si riduce ad una spirale di domande senza risposta.
Penso a Leopardi, Kafka, ma anche a Cat Stevens che in quel testo lapidario
che è Father and Son, continuamente
si chiede come provare a spiegare la
natura del più complicato rapporto di forza della storia dell’uomo: da una
parte un padre che vuole lasciare qualcosa di sé al figlio, dall’altra un
figlio, che non vuole certo disconoscere questa eredità ma cerca di formarsi a prescindere da essa.
Ecco,
quello che noi non sappiamo più fare: scindere. Dare peso alle sfumature.
Pre-scindere da un’eredità, invece, non è così
facile: perché se ti chiami Aurora
Ramazzotti e conduci la striscia quotidiana di un famosissimo talent
italiano, lo fai perché sei figlia di uno dei cantanti più apprezzati al mondo;
e non importa se e quanto tu sia spigliata o dimostri di saperci fare, il mondo
monocolore dei pulpiti social ti bollerà come raccomandata.
Se poi, con anni ed anni di fatica e sudore qualcuno
per incanto si accorge che però… sei
anche brava, se possibile è anche peggio. Ci sarà sempre qualcuno che vedrà
nel tuo lavoro lo spettro del tuo più
prossimo, e famoso, consanguineo.
Chiara
Canzian figlia del “pooh” Red, amico di #Davimedia, qualche anno fa si presentò a Sanremo tra
i Giovani con un brano dal titolo emblematico in questo senso: Prova a dire il mio nome, come da
monito a chi la ascolta: “Dimentica che sono
figlia di. Sono Chiara ed ho un sogno. Accoglilo.” Poco importa se la
platea Sanremese rimase sorda a quest’appello: oggi Chiara raccoglie e semina
instancabilmente i frutti del suo lavoro, e poco importa se non sono sempre Camelie e Margherite.
Un’altra “figlia di” che da anni tenta di dimostrare
che il suo talento non è solo frutto di una fortunata combinazione di caratteri
genetici e anagrafici, è Irene
Fornaciari. La figlia del più grande blues
man italiano, ha forse una delle voci più potenti e versatili del panorama
musicale italiano: l’ho sentita far tremare le piazze sulle note di Lady Marmelade e poi avvolgerle con
inaudita eleganza con le canzoni dell’ultimo album, più introspettivo, Blu, e chiudendo gli occhi, per un
attimo mi sono dimenticato di chi fosse prima che due signore, il rosario in
una mano e il Sorrisi e Canzoni
nell’altra, mi ricordassero che eh però…
il padre è più bravo.
De gusti bus, certo, ma il padre ha pure alle spalle oltre un quarantennio di carriera: che ne
dite, di tornare a darci tempo?
Il
“caso” Facchinetti se vogliamo è anche più complicato.
L’imputazione è duplice: non solo figlio
di ma anche colpevole di essere stato il dj Francesco che nel 2003 fece
incetta di dischi di platino con La
canzone del capitano. Certo, la canzone non è da Premio Tenco, ma chi mai da
un tormentone estivo si aspetterebbe di sentir parlare di massimi sistemi?.
Oggi Francesco
non è più il ragazzo che, poco più che ventenne, faceva ballare le platee
del sabato pomeriggio televisivo, oggi quel “Peter Pan” pare aver trovato la
sua dimensione:è padre di due figli, attraverso la radio fa da testimonial a
“giovani creativi”, nel programma di Radio
Kiss Kiss Generazione C, si è
aperto al mondo dell’imprenditoria ed ha imparato a guardare con ironia al suo
essere “nato con la camicia”. Non ci credete? Provate a guardare il film,
uscito lo scorso anno, Belli di papà …
RICCARDO
MANFREDELLI
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